lunedì 2 novembre 2009

TEATRICONTROESCLUSIONE

Di fronte al costituirsi del teatro sociale con tutta l¹ampiezza del loro orizzonte operativo, con la ricchezza delle loro prospettive artistiche (e a tratti curative), con l¹interesse dei loro risultati e con la loro organizzazione metodologica tipica delle prassi artistiche in campo sociale, vi è ormai la possibilità di sviluppare anche nelle scienze umane metodologie scientifiche proprie e specifiche sul fare teatro che sorpassino l¹improvvisazione, l¹empiria e il legame alle forme di cura (psicodramma, teatroterapia, drammateatroterapia).
Il lavoro sociale deve nutrirsi di una sovversione che ci proietta aldilà della nostra identità professionale divenuta muro che ci protegge e che, allo stesso tempo, rappresenta una prigione. Lo spettacolo pianta un seme che cresce nella memoria d¹ogni spettatore ed ogni spettatore cresce con questo seme.
Ciò che si desidera è tentare di narrare, tra mille difficoltà, gli elementi ³comuni², di esperienze, storie di persone, gruppi teatrali, registi, psicologi, drammaturghi e attori che si confrontano sul rapporto teatro/esclusione e teatro/disagio, che si confrontono nel campo della sofferenza oscura mediante forme d¹arte (Piro S.): insieme ad attori, allievi, pazienti psichiatrici, studenti, volontari, diversamente abili, carcerati, tossicodipendenti, nomadi, immigrati e adolescenti a rischio.
Fondamentalmente Teatricontroesclusione è una ricerca fuori dai confini del teatro sociale e della teatroterapia, fatta da un piccolo nucleo di registi, psicologi e antropologi provenienti da diverse regioni italiane e che praticano costantemente il teatro non solo per fini estetici e artistici ma trasformazionali; ha un esito positivo quando un istigatore,, trasforma colui che soffre o un allievo attore in crisi, in un ricercatore che sa usare la sua persona e la propria sofferenza per fare arte, per creare, per vivere, per approfondire il binomio coscienza/linguaggio, per creare mondi diversi, per capire, per allargare gli orizzonti, per sostituire all'odio/aggressività contro i propri simili la protensione verso il mondo e verso la vita.
Più in generale, ciò che è preso di mira da questo tipo di esperienza sperimentale è la vicenda dell¹uomo nel suo tempo, nella sua fondamentale cronodesi: una preparazione antropologica, che sia essa stessa immersa negli orizzonti continuamente cangianti di questo periodo storico, è l¹unica formazione possibile per colui che debba affrontare della sofferenza psicologica.
In altri termini Teatricontroesclusione pone al centro degli interessi la mutazione della persona nelle forme d¹arti. Con questo teatro, insomma, ci ricolleghiamo alla vita invece di separarcene (Artaud A.).
Ma, oltre a ciò, Teatricontroesclusion non differenzia in alcun modo l¹osservatore/istigatore all¹osservato (paziente, allievo, attore, ecc.), poiché hanno entrambi la stessa mutevolezza, la stessa protensione al cambiamento, la stessa difficoltà ad essere nominati. La stessa mutevolezza e contraddittorietà di apparenza. Non si può differenziale di molto la vicenda che osserva e narra e quella della persona che vive e viene narrata.
L¹odierno panorama scientifico sta allargando i confini dell¹uso delle esperienze teatrali nel campo delle scienze umane e nei luoghi della sofferenza oscura, e ciò nonostante ci sia, nel campo della didattica e delle prassi, una chiara crisi delle tecniche della psiche (Galimberti U.) che coinvolge molti artisti, operatori e psicologi. In realtà sono molti coloro, in quanto artisti psicologi ed educatori, che s¹indirizzano affascinati dall¹ipotesi di inserimento in un nuovo settore di intervento espressivo, verso una sorta di teatro sociale e teatroterapia; mentre altri postulano, basandosi sulle proprie esperienze, alcune delle ipotesi necessarie per il rilancio delle arti teatrali per la trasformazione dei curati e soggetti svantaggiati, per le fasce deboli, per le lotte all'esclusione e per la divulgazione di una complessa cura della normalità (Errico G. 2006) in un quadro sociale stravolto e grandemente mutato. Ma tutti, artisti e non, scienziati e psicologi sono concordi nel dire che il teatro diviene prassi creativa di conoscenza del mondo, nel campo delle mutazioni umani. Tutti concordano che l¹esperienza teatrale non possa limitarsi solo allo spettacolo o al racconto dell¹esistenza, ma deve ritrovare una personale utilità sociale, individuale e comunitaria. Tutti concordano che l¹esperienza teatrale serve al campo sociale e alla lotta agli oppressi (Boal A.).

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